La diagnosi in psicologia sottolinea l'unicità della persona, la sua specifica personalità. Essa permette di comprendere gli aspetti emotivi, cognitivi e comportamentali di ogni individuo, promuovendo quindi un insieme di strategie mirate e specifiche. Non è un intervento rigido e asettico, essa è piuttosto un lavoro costante e dinamico, incline a continui cambiamenti, senza tralasciare gli aspetti emotivi legati alla relazione con il cliente. Lo scopo è principalmente quello d'inquadrare il disagio espresso dal paziente in modo da organizzare gli strumenti e le operazioni terapeutiche, in virtù degli obiettivi concordati con la persona.
La diagnosi può essere di stampo medico-psichiatrica che consiste nel raggruppare i sintomi in una categoria definita dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-V). Per una persona, conoscere come possa essere "etichettato" il suo malessere, ha una valenza rassicurante ma da un punto di vista clinico ciò non è sufficiente. In primis perché le etichette diagnostiche hanno una funzione puramente descrittiva, rimangono perciò fisse e statiche nel tempo fino a quando i sintomi non sono scomparsi. Lo scopo della diagnosi è avere una visione globale dell'individuo: comprendere e spiegare i significati, i contenuti emotivi dell'altro, tentando quindi per quanto possibile di "mettersi nei panni" del paziente, comprendere i suoi valori, i suoi comportamenti, le sue esperienze, in modo tale da costruire un possibile percorso terapeutico.
Il primo incontro e di solito i successivi tre/quattro colloqui prevedono:
1) l'accoglimento della persona;
2) capire se è possibile aiutarla;
3) comunicare le regole del contratto terapeutico (costo, la durata e le frequenza di ogni seduta, le eventuali spiegazioni dell'orientamento).